Giuseppe Petito (Civitavecchia, 25 febbraio 1960) è un ex ciclista su strada italiano. Professionista dal 1981 al 1996, conta una vittoria di tappa alla Vuelta a España.

Passato professionista nel 1981, dopo la partecipazione ai Giochi della XXII Olimpiade di Mosca del 1980, si mise subito in luce vincendo una tappa del Postgirot Open, corsa a tappe svedese che concluse al secondo posto finale. In quella stessa stagione colse anche un terzo posto al Giro di Sardegna, per quanto riguarda le corse a tappe, mentre nelle prove in linea si segnalò con analogo piazzamento sia al Giro del Veneto che al Giro dell'Etna.

L'anno seguente ottenne piazzamenti in tappe sia al Vuelta al País Vasco sia al Giro di Sardegna; fu terzo al Giro della Provincia di Reggio Calabria e ottenne quella che la più importante affermazione della sua carriera professionistica, la terza tappa della Vuelta a España.

Nel 1984 vinse ad inizio stagione il Trofeo Laigueglia ma, vista l'attività di gregario svolta negli anni successivi, fu anche l'ultimo risultato di rilievo fino al 1986 quando sarà terzo nella classifica generale della Tirreno-Adriatico.

Tornò a vincere nel 1987, aggiudicandosi il Giro di Campania, cui seguirono ancora anni poco felici dal punto di vista dei risultati personali. Nel 1988 fu terzo nel Giro di Calabria e, per tornare alla vittoria, dovette aspettare il 1991, quando vinse una tappa alla Settimana Ciclistica Internazionale. Quello stesso anno fu poi secondo nella Settimana Siciliana, terzo nella Vuelta a Aragón, mentre terminò terzo al Gran Premio Industria e Commercio di Prato e secondo al Trofeo Laigueglia.

Nel 1992 sfiorò il successo al Giro d'Italia, dove fu battuto nella sesta tappa solo da Guido Bontempi, avviandosi verso il declino della carriera. La vittoria della quarta tappa del Giro di Puglia fu l'ultimo suo successo prima del ritiro.

Al termine della carriera da professionista è diventato direttore sportivo.


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Partiamo dalla tua doppietta :) come ci hai ricordato tu in occasione della pubblicazione dell'intervista a Daniele Nardello anche tu feci doppietta Montecarlo-Alassio 1980 e Trofeo Laigueglia 1984 due corse simili per importanza, storia e per percorso quale è stata la più difficile da vincere?

Trattandosi di 2 gare importanti simili ma diverse, in quanto di categorie diverse, senza dubbio il Laigueglia, anche sinceramente debbo dire che per primeggiare nella Montecarlo Alassio, ho sudato 7 camice, in quanto era una gara internazionale a livello di club e non in azzurro, e sul testico mi ritrovai con avversari di prima qualità, primo fra tutti quel Gilbert Glaus lo svizzero che solo 2 anni prima vinse il Mondiale di categoria in Germania, poi l’amico marco Cattaneo che da li a poco vinse il G.P. Liberazione con un numero che solo chi è dotato di classe cristallina può permettersi di fare, poi con noi c’era un francese che non ricordo il nome, e siccome avevamo il gruppo sempre a poco siamo andati sempre pancia a terra e ci siamo giocati la corsa allo sprint e devo ammettere che pensavo proprio di non potercelafare con 2 uomini veloci di quel calibro, ho giocato il tutto per tutto partito lungo appena abbiamo imboccato il rettilineo d’arrivo e non mi sono accorto di niente ho vinto e basta, poi farlo in maglia tricolore alla prima uscita in questa veste la soddisfazione fu doppia.

Nel 1984 vincendo il Laigueglia ti feci un bel regalo di compleanno alla vigilia pensavi di avere buone possibilità oppure fu una sorpresa?

Diciamo che nell’84 riuscii a partire bene come spesso mi succedeva, vinsi il circuito di Cecina il 4 di Febbraio e quella fu corsa vera vinsi credo a 48 di media, ed arrivammo in 3 allo sprint, niente a che vedere con quelli post Giro, si poi a Laigueglia devo ammettere che ebbi una giornata super per battere certi Campioni, è pur vero che i risultati anche se non ho più vinto in stagione ho infilzato tanti buoni piazzamenti e prestazioni di rilievo, dalle classiche in Sicilia al Campania alla Tirreno Adriatico, tutte gare corse in prima linea da protagonista per me e per il mio leader del tempo Marino Lejarreta, per continuare poi senza un minimo di esperienza arrivai 18° ma primo degli italiani al Giro delle Fiandre in una giornata da tregenda.

Rino Negri nel suo articolo del giorno dopo sulla Gazzetta dello Sport ti diede un 10 in pagella scrivendo che tu avevi legittimato la tua vittoria non solo: "con una volata da tanto di cappello" ma anche con una ottima prestazione sulle rampe del Testico che ricordi hai?

Si stavo talmente bene che riuscii a tenere tranquillamente i migliori sul Testico, praticamente credo che se sono riuscito a primeggiare forse anche perché arrivai più fresco degli altri.

Che tipo di corridore era Giuseppe Petito?

Sinceramente non lo so neanche io, diciamo che in primavera la mia competitività era da campione, poi con il caldo il mio rendimento scendeva quel poco che non bastava più per essere ai massimi livelli, comunque nelle gare di un giorno ero fortissimo, nelle gare a tappe di 6/7 gg. ero competittivo nei grandi giri, partivo bene per calare alla 2^ settimana e finivo sulle ginocchia, purtroppo pativo le altitudini, se una salita anche durissima si affrontava a livello del mare non avevo problemi, ma se andavamo sopra i mille avevo già problemi.

Nel 1991 arrivasti secondo dietro un incontenibile Pascal Richard che ricordi hai di quella corsa?

Quella del 91 a 31 anni feci una stagione da alto rendimento, venivo da un biennio passato all’Ariostea e volevo dimostrare che avevo ancora molto da dire, quel giorno non potei far altro in quanto nel finale quando scattò Pascal dietro in insieme a me c’erano se non vado errato Giovannetti, Della Santa che potevo battere allo sprint abbastanza agevolmente, ma purtroppo con noi c’era il compagno di squadra di Richard un certo Gerard Ruè che faceva buona guardia quindi non ho potuto far altro che provare ad ottenere una dignitosa 2^ piazza.

Hai partecipato da corridore a ben 11 edizioni del Laigueglia hai qualche ricordo in particolare delle altre edizioni? Ti diamo qualche suggerimento 1990 compagno di squadra del vincitore Rolf Sorensen (episodio dell'incendio che fermò la corsa) e 1993 Mercatone Uno in squadra con te c'era tuo fratello Roberto ( presumibilmente all'esordio tra i prof)

Se ufficialmente la stagione iniziava a laigueglia, è pur vero che si correva anche prima, c’erano le corse in costa azzurra, però noi italiani sentivamo il laigueglia come fosse la Sanremo, perché volevamo scoprire se avevamo fatto una buona preparazione per la stagione, ed essendo in Riviera già potevamo capire che primavera avremmo potuto raccogliere, si il laigueglia ammetto che io almeno lo sentivo come fosse il primo vero esame, e quando iniziavo la preparazione il mio obiettivo era presentarmi tirato a lucido per poter offrire una buona performance.

Nel 2000 che cosa hai pensato vedendo tuo fratello sul podio? Arrivò secondo dietro a Daniele Nardello? Da notare che nel 1995 tuo fratello fu splendido protagonista di un azione con Gianni Bugno a pochi km dall'arrivo e se non fosse stato per la Mapei di Museeuw (poi vincitore) probabilmente a giocarsi la vittoria sarebbero stati appunto tuo fratello Roberto e Bugno. Insomma il Laigueglia era una corsa adatta ai fratelli Petito :) ?

Quell’anno che era in finale con Bugno, speravo che Gianni gli desse 2 cambi fatti bene per poter giocarsi la corsa, io credo che è vero che Bugno aveva Musseuw dietro, ma vedendo Roberto che scalpitava forse non era sicuro di poterlo battere, allora ha preferito mettersi a disposizione, io sono sempre stato un estimatore di Bugno, e forse se fosse stato più opportunista come il ruolo di campione impone, avrebbe arricchito ancor più il suo già ricco palmares. Per quanto mi riguarda il Laigueglia era fatto su misura per me, in quanto molto simile alle mie zone native e dove mi allenavo, e poi ho constatato che le mie poche vittorie da professionista 8 in tutto, le ho vinte tutte a livello del mare o sul mare, qualcosa vorrà pur dire, per Roberto il discorso è simile al mio ma lui era destinato a ad essere un vero Campione solo una maledetta ipertiroidite lo ha fatto optare per essere un uomo d'appoggio a veri fuoriclasse, prima alla Mercatone 1, poi Saeco e Fassa Bortolo per finire in Liquigas, è come se avesse corso a 3 cilindri, si è tolto comunque delle gran belle soddisfazioni, immagina se avesse avuto la mia salute.

Secondo capitolo di Giuseppe Petito dalla bicicletta all'ammiraglia. Sei stato in macchina per 14 anni come è stato il passaggio dalla bici alla macchina e chi tra i tuoi direttori sportivi ti ha insegnato di più?

Inizio con risponderti alla seconda parte della domanda, ho avuto la fortuna di avere grandi tecnici, ho iniziato con Primo Franchini in ALFA LUM, per continuare con Giorgio Vannucci forte dell’esperienza di Moser, per continuare Bartolozzi pragmatico forte conoscitore degli uomini e della bicicletta, riusciva a farti rendere al massimo mettendoti tranquillità invece che tensione, una volpe sopraffina, poi ho avuto il grande Ferretti 2 anni in Ariostea, grande tecnico preparato a tutti i livelli, arrivava sempre prima degli altri su certi obiettivi, periodo di forte rottura tra tradizione e moderno quindi molto difficile, a mio avviso sempre sotto pressione, tecnico adatto per le classiche un po' meno per i grandi giri proprio dal fatto che ogni gara la voleva vincere. Poi ho vissuto il passaggio di Salutini, dai massaggi all’ammiraglia coadiuvato da Luciano Pezzi, che devo dire il meglio che un corridore potesse sperare, nei miei 15 anni ho avuto i migliori, e tra i tanti elogi ricevuti forse quelli che ricordo meglio sono 2, uno di Giorgio Vannucci: “eravamo al Giro di Puglia il bus che ci portava in hotel dall’aereoporto si era bloccato credo nel centro di Barletta, avevo 25 anni e mi prodigai per farlo ripartire, e la sera mi disse che io ero nato per fare il Direttore Sportivo, all’inizio non compresi ma poi nel tempo ho capito, altro complimento che ricordo con amore, lo fece Waldemaro Bartolozzi, eravamo al giro di Campania, e la sera nei tanti dopo cena mi disse queste testuali parole “ tu quando vai, vai in maniera esagerata" io fui orgoglioso di tale frase che la porto sempre scolpita nella mia mente”. Sinceramente il passaggio dalla bici all'ammiraglia non mi ha dato grosse difficoltà, bisognerebbe girare la domanda ai molti atleti che ho diretto, ho sempre cercato di essere prima di tutto onesto con me stesso, e poi ho sempre detto loro ciò che pensavo e come avrei agito per il loro meglio, sono orgoglioso di questo perché ho sempre cercato di agire onestamente, li ho sempre trattati prima come uomini e poi come atleti.

Beh a rileggere che cosa ha vinto Mario Cipollini nel periodo 2002-2004 come si fa a non chiederti un giudizio sul grande Re Leone?

Cosa posso aggiungere che non si sia detto di Mario? Posso testimoniare che era un perfezionista, e se ai più sembrava un viveur, un leggero, era tutto il contrario, un esempio su tutti, mentre a Natale pioveva e tutti erano in famiglia a fare il pranzo, niente di più facile che lui fosse in bici a fare 5 ore, quando aveva degli obiettivi niente lo distraeva, e poi le tante innovazioni che ha portato, il modo di pensare il ciclismo fuori da certi cliché, vogliamo ricordare la maglia zebrata firmata Cavalli? Io quella progettazione l’ho vissuta dal vivo e posso assicurare certi timori di un possibile flop... alla vittoria della S.Remo con quella maglia

Un pò di giorni fa ho visto un'intervista realizzata a Mario Cipollini e lui ricordava appunto il periodo sopracitato come un periodo splendido in un gruppo di amici (ricordiamo che in squadra c'erano Lombardi, Scirea, Scarponi, Colombo, Bennati ecc) come si fa gestire una schiera di campioni così?

Certo non era semplice, anzi tutt'altro, ma se uno si considera campione lo è anche di intelligenza, e la forte personalità di Cipollini faceva si che conveniva a tutti che si corresse tutti per uno e avrebbe portato vantaggi a tutti come si è poi verificato.

Giuseppe Petito si rivede nel ciclismo di oggi?

Penso di si, anche se è un po' cambiato il metodo di comunicare, nella mia modestia ho lavorato ai tempi di Cipollini ed anche prima e posso assicurare che quando ero alla Cantina Tollo prima e all'acqua & Sapone poi, il mio manager di allora Vincenzo Santoni a modo suo è stato un innovatore del ciclismo, pensava cose che forse non si fanno neanche oggi, avevamo un ufficio e delle attrezzature da far invidia a tutti all'epoca, ed infatti non era visto granchè bene, lo prendevano per matto ma era avanti molto avanti, io infatti lo paragonavo molto affettuosamente ad una Ferrari senza freni, sono cambiati i modi di allenarsi, ma la bici non è cambiata bisogna sempre spingerla, e a volte vedi team ricchissimi fare degli errori grossolani pur nella loro perfezione di logica, però troppo schematici, che forse un po' di emozione non guasterebbe.

Non ti manca il ciclismo dei professionisti?

Non so se mi manca, sinceramente, oggi sto bene con me stesso, e anche se ho avuto delle offerte seppur modeste, se devo ripartire lo farei con un programma di medio o lungo termine diciamo di 5 anni, perché strutturare un team dalla sera alla mattina e renderlo competitivo ci vuole tempo, anche se si trattasse di un team giovane sarebbe la stessa cosa.

Vista la crisi di risultati nelle corse da un giorno quale potrebbe essere la soluzione? Come mai stiamo faticando tanto come nazione in questo momento?

La risposta è in parte sopra, vincere una classica oggi non è semplice, la competitività è specifica e non s'improvvisa, e noi in Italia purtroppo non possiamo programmare niente, a parte Lampre che prima o poi raccoglierà qualcosa, ma quanto tempo è che investe? e quante risorse ha profuso? avevamo Liquigas ma giunti all'apice non poteva più sostenere certi costi che possono altre squadre, quindi accontentiamoci di quel che raccogliamo con i nostri migliori atleti ma in team quasi di stato con budget che da noi sono oggi improponibili.

Ti senti di dare un consiglio agli organizzatori del Laigueglia? Il percorso secondo te è adeguato? La collocazione a calendario è giusta oppure visto il passaggio in HC troveresti una nuova data?

Umilmente dico che di consigli non ne hanno molto bisogno, anche perché hanno dimostrato una continuità con rari precedenti, sopravvivere a regole non solo economiche, ma di calendari, solo chi è stato bravo a vedere e lavorare con profitto è riuscito ad andare avanti come state facendo voi, basti pensare alla fine che hanno fatto fare alle nostre vecchie e blasonate classiche gare di riferimento che avevamo, quindi complimenti e che abbiano sempre queste capacità e passione che possano dare sempre continuità alla nostra classica di apertura per antonomasia.

Un saluto da Giuseppe Petito

Grazie a te Giuseppe della tua disponibilità, onorati di averti nel nostro albo d'oro.